La Battaglia di Anghiari di Leonardo tra esperimenti falliti, copie celebri, ipotesi moderne e documenti che ne attestano l’esecuzione.
Il celebre affresco di Leonardo commissionato per il Salone dei Cinquecento è rimasto avvolto nel mistero per secoli: fu mai veramente dipinto? Si trova nascosco dietro un’opera del Vasari? Il mito della Battaglia di Anghiari resta una delle pagine più affascinanti della storia dell’arte ed è stato a lungo avvolto nel mistero. Ricerche recenti hanno però concluso che Leonardo non portò mai a termine quell’opera. Nonostante le prove relative alle spese, ai compensi e all’acquisto dei materiali, sembra che Leonardo non avesse a disposizione i pigmenti per realizzarlo. Il progetto si fermò quindi ai soli cartoni preparatori e il dipinto murale non vide mai la luce.
INDICE
- Un’impresa ambiziosa tra politica e arte
- Il cartone e le copie che salvarono la memoria
- Il mistero della scomparsa e le ipotesi moderne
- Un mito che sopravvive al tempo
Un’impresa ambiziosa tra politica e arte
Nel 1503 Firenze viveva un momento cruciale della sua storia: la Repubblica, desiderosa di celebrare le proprie vittorie militari e di affermare la grandezza politica della città, decise di decorare il Salone del Gran Consiglio, oggi Salone dei Cinquecento, con due cicli pittorici grandiosi affidandosi a due degli artisti più celebri del tempo.
Per la decorazione delle immense pareti del Salone, a Leonardo venne commissionata la Battaglia di Anghiari, mentre a Michelangelo fu destinata la Battaglia di Cascina. La scelta trasformò la sala in un’arena ideale in cui i due giganti del Rinascimento si sarebbero confrontati non solo con la pittura, ma anche con l’orgoglio e le aspettative di un’intera città.
Leonardo affrontò l’impresa con il desiderio di superare i limiti della tecnica tradizionale dell’affresco, che giudicava incapace di restituire la vivacità e l’energia di una scena di battaglia. Optò quindi per un metodo innovativo ispirato all’encausto, mescolando colori a olio su un impasto di gesso e cera e tentando di fissarli alla parete con il calore di bracieri. Era un’idea audace, degna del suo spirito sperimentatore, ma destinata a trasformarsi presto in un fallimento.
Le cronache raccontano infatti che i colori iniziarono a colare lungo il muro compromettendo l’opera già in fase di esecuzione e costringendo Leonardo, deluso, ad abbandonare il lavoro lasciandolo incompiuto.
Il cartone e le copie che salvarono la memoria
Se l’affresco di Leonardo non sopravvisse, il cartone preparatorio divenne un capolavoro a sé, esposto a Firenze e ammirato da artisti e cittadini, tanto da essere definito “scuola di mondo”, un modello didattico per generazioni di pittori. La scena della “lotta per il vessillo”, al centro della composizione, colpiva per l’intensità drammatica e per la violenza dei gesti.
Tra le copie derivate la più famosa è quella di Rubens, realizzata nel Seicento e oggi al Louvre, che ci restituisce almeno in parte l’energia del progetto originale.
Altri pittori, come Lorenzo Zacchia o Bastiano da Sangallo ne trassero spunto, contribuendo a mantenere viva l’immagine di un’opera che molti considerarono la più potente raffigurazione di una battaglia mai concepita nel Rinascimento.
Il mistero della scomparsa e le ipotesi moderne
Nel Cinquecento Giorgio Vasari ristrutturò il Salone dei Cinquecento e realizzò nuovi affreschi celebrativi. L’intervento cancellò ogni traccia visibile di Leonardo ma nel tempo nacque la leggenda che Vasari, ammiratore del maestro, avesse scelto di non distruggere del tutto la sua opera, ma di proteggerla dietro una nuova parete.
A sostegno dell’ipotesi che la Battaglia di Anghiari fu in realtà realizzata, arrivarono anche le ricerche di Johannes Wilhelm Gaye, storico dell’arte tedesco che nella prima metà dell’Ottocento esplorò gli archivi fiorentini. Nel suo Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV, XV e XVI, pubblicato nel 1840, Gaye inserì una lunga lista di documenti contabili risalenti all’epoca di Leonardo.
Si tratta di registri di pagamenti e spese della Repubblica fiorentina in cui sono documentati i compensi a Leonardo e ai suoi collaboratori, gli acquisti di materiali, le note di lavoro relative sia alla fase preparatoria in Santa Maria Novella sia a quella nel Salone del Consiglio Maggiore. Queste carte sembrano dimostrare che i lavori non furono solo progettati, ma anche avviati concretamente, con uomini e risorse impiegati sul cantiere. Considerando la lista di materiali, lavori e compensi, viene sollevato di nuovo il dubbio che l’opera fu in realtà eseguita.
Nei primi anni 2000, il professore Maurizio Seracini rilanciò l’ipotesi che l’opera fosse stata “protetta” da Vasari. Grazie a indagini scientifiche che utilizzarono radar, termografia e microcamere sembrò arrivare la conferma dela presenza di uno strato pittorico dietro il dipinto vasariano, rivelando pigmenti compatibili con quelli usati da Leonardo. La mancanza di prove conclusive bloccò però le ricerche, lasciando la questione aperta.
Successivamente, alcuni studiosi hanno concluso che Leonardo non arrivò mai a dipingere la parete, limitandosi a esperimenti preliminari e che quindi la Battaglia di Anghiari non fu perduta, ma semplicemente mai realizzata in forma compiuta.
In seguito a un lungo lavoro coordinato dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, i ricercatori sono giunti alla conclusione che il dipinto venne solo commissionato a Leonardo all’inizio del XV secolo, a cui venne fornito solo una parte del materiale, ma non i colori per dipingere sul muro.
Grazie a questo studio, che ha preso in esame anche i documenti risalenti agli anni a cavallo tra il 1503 e il 1506, oggi si pensa che i cartoni preparatori che Leonardo fece realizzare nel convento di Santa Maria Novella, sono studi preparatori ad un’opera di fatto mai realizzata.
Un mito che sopravvive al tempo
Che la Battaglia di Anghiari sia stata dipinta e poi perduta, o che sia rimasta incompiuta già in origine, la sua eco culturale non si è mai spenta. La potenza espressiva del cartone preparatorio, l’ammirazione degli artisti coevi, le copie diffuse nei secoli successivi e le indagini tecnologiche recenti hanno alimentato un mito che ancora oggi appassiona storici, studiosi e visitatori.
Non si tratta solo di ricostruire la vicenda di un affresco scomparso, ma di comprendere come un’opera, anche nella sua assenza, possa diventare simbolo di un’epoca, specchio delle ambizioni di una città e della genialità di un artista che non smette mai di sorprenderci.
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Marco
Gentilissimi, i giorni scorsi si è scritto e parlato molto della ricerca che hanno condotto alcuni studiosi con la quale escludono che Leonardo da Vinci possa aver dipinto la Battaglia di Anghiari in Palazzo vecchio. a Firenze. A metà dell’ottocento però lo studioso tedesco Johannes Gaye compie una ricerca negli archivi storici fiorentini dove sono conservati i manoscritti circa gli “stanziamenti agli operai del Palazzo e della Sala del Consiglio” alla ricerca di prove e documenti che si riferiscano alle spese sostenute dalla Repubblica fiorentina, ( compensi agli aiuti e pagamenti dei materiali ) per consentire a Leonardo di portare a compimento la “Battaglia di Anghiari”, lavori eseguiti prima nella Sala del Papa in Santa Maria Novella a Firenze e poi nella Sala del Consiglio Maggiore, oggi Salone dei Cinquecento. Il risultato di quella ricerca, una lunga lista di voci, venne pubblicato nel 1840, la nota a seguito della lettera numero XXXIV del “Carteggio inedito d’artisti dei secoli XIV, XV, XVI“. Basta scorrere quella lista, considerare i materiali, i lavori, le date e i compensi per i collaboratori e per Leonardo per comprendere che l’opera fu eseguita.
21 Ottobre 2020Vanessa Garnier
Concordo pienamente con lei e rimango ancora stupita dall’ingenuità dell’affermazione narrante! Auspicando che altri più maestosi esperti possano indagare sul mistero leonardiano, la ringrazio per l’attenzione che anche lei ha saputo dare alla questione.
Distinti saluti.
13 Aprile 2021