Mostra di Leonardo
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A Lecco ritrovato un bozzetto  del “Salvator Mundi” riconducibile a Leonardo Da Vinci
Dicembre 01, 2020

L’international Committee Leonardo Da Vinci ha annunciato pochi giorni fa di aver ritrovato a Lecco, in una collezione privata, un bozzetto riconducibile al vero Salvator Mundi realizzato dal nostro genio.

La scoperta è avvenuta grazie alla ricercatrice e studiosa Annalisa Di Maria che lavora in ambito internazionale e che è all’interno del Comitato del Centro per l’Unesco di Firenze.

Il bozzetto in questione potrebbe non essere mai stato completato. Secondo la ricercatrice, infatti, esistono segni evidenti che richiamano la mano di Da Vinci. A tal proposito è stato fatto appositamente uno studio su questo bozzetto che sarà presentato ufficialmente in conferenza stampa appena l’emergenza sanitaria rientrerà.

Dopo numerosi esami è stato constatato che il foglio usato per l’opera puo’ essere del periodo del XVI secolo. Un altro aspetto che puo’ dimostrare che il disegno è stato realizzato da Leonardo è la posizione del volto, ossia di tre quarti, come buona parte dei soggetti rappresentati da Leonardo.

In conclusione, il famoso Salvator Mundi, il dipinto più costoso del mondo venduto nel novembre del 2017 per 450 milioni di dollari sarebbe un falso e, quindi, mai realizzato da Leonardo Da Vinci. Il nostro Genio non finisce mai di stupirci!

2 thoughts on “A Lecco ritrovato un bozzetto del “Salvator Mundi” riconducibile a Leonardo Da Vinci
  1. Da vinci

    Si segnala che indetta la conferenzs stampa vedsdi link

    https://youtu.be/C3Mp25inUBM

    6 Gennaio 2021 Reply
  2. Massimo

    l Cristo di Lecco: le analisi di laboratorio dell’Università confermano il periodo storico
    I dati sono stati comparati con quelli acquisiti sul celebre Autoritratto Leonardesco della Biblioteca Reale di Torino
    LECCO – “Non sono le indagini diagnostiche a decretare chi è l’autore di un disegno o, più in generale, di un’opera d’arte. Le indagini scientifiche costituiscono uno dei tasselli di un processo di attribuzione che deve necessariamente coinvolgere studiosi di diversa estrazione. La scienza analizza i materiali, fornisce informazioni sulle caratteristiche chimico-fisiche degli stessi, permette in alcuni casi di svelare particolari nascosti di un’opera; questi dati possono consentire di fare ipotesi sulla datazione dell’opera, di scoprire dei falsi, ma possono anche essere messi a confronto con i dati raccolti in occasione di analoghi studi diagnostici”. Queste le parole dei diagnosti dello spin-off dell’Università di Camerino che ha sede ad Ascoli Piceno presso il Laboratorio Unicam di Tecnologie e Diagnostica per la Conservazione ed il Restauro. I ricercatori sono venuti a Lecco nei giorni scorsi per analizzare dal punto di vista scientifico il “Ritratto di Lecco”, opera di proprietà di due collezionisti privati e oggetto di approfonditi studi al fine di stabilire la sua attribuzione al grande Leonardo Da Vinci. Da diversi mesi sono in corso una serie di indagini minuziose per svelare i misteri legati a quest’opera. Lo scorso gennaio erano già stati resi noti i risultati dei primi studi sull’opera: indagini scientifiche sulla carta incrociate con indagini storiche che ragionevolmente consentono di non escludere che l’opera possa effettivamente essere del genio toscano. Un primo passo che oggi viene confortato da ulteriori preziose analisi circa la possibile datazione dell’opera. Se effettivamente possa trattarsi del vero Salvator Mundi di Leonardo. Al termine delle indagini, 24 pagine di analisi tecniche e analitiche effettuate sul foglio del Ritratto di Lecco, i ricercatori, hanno confrontato i dati con quelli acquisiti sul celebre
Autoritratto Leonardesco della Biblioteca Reale di Torino, riscontrando alcuni dati simili, come lo spessore della carta e con la stessa distanza dei filoni, differenziandosi solo per alcuni elementi, portando dunque a confermare l’antichità del foglio. Dagli esami diagnostici, tra le altre cose, è emerso come nel pigmento usato nel Cristo di Lecco vi sia la presenza di tracce di titanio dovuta alla compresenza oltre di ematite anche della ilmenite. In Italia questo minerale è abbastanza raro e presente in Trentino-Alto Adige, in Piemonte, nella provincia di Vicenza ma soprattutto nella provincia di Sondrio, specie in Valmalenco. La presenza di questo elemento è un ulteriore dato interessante per arrivare alla datazione dell’opera, dalla studiosa Annalisa Di Maria, già ipotizzata intorno al 1492, data che coincide, secondo fonti storiche, al passaggio di Leonardo dalla Valsassina, Valchiavenna e Valtellina”. Molto interessanti anche le analisi (spettroscopia infrarossa) sulla composizione della carta, chiaramente di manifattura artigianale, che hanno rivelato la presenza, ovviamente, del segnale della cellulosa. La collatura (complesso di operazioni con cui, per mezzo di colle, la si rende impermeabile all’inchiostro) potrebbe essere a base di amido vista la presenza del caratteristico segnale che raggiunge, come intensità, quello della cellulosa. Infine non si evidenziano i segnali della gelatina. Assente il caratteristico segnale della lignina. Il mistero di Leonardo affascina, e le ricerche sull’opera continuano, assicura la studiosa, un viaggio dunque verso nuove indagini per approfondire ulteriormente quanto già confermato dai dati scientifici

    2 Maggio 2021 Reply
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